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Progettazione strutturale

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Introduzione

Nel descrivere in questa breve sintesi ,gli argomenti relativi alla Progettazione Strutturale ci limitiamo a trattare i seguenti temi :


1.1  Progetto e verifica
La progettazione delle strutture, come ogni altra attività progettuale, è un’operazione di tipo sintetico in cui intervengono, in modo difficilmente sistematizzabile, fantasia, intuizione,esperienza. Probabilmente il modo migliore per apprendere l’arte del progettare è il farlo, imparando a risolvere i problemi via via che questi si presentano. Il prodotto della progettazione però deve sottostare al vaglio della verifica che, al contrario, è una procedura di tipo analitico e pertanto può essere molto più facilmente sistematizzata e regolamentata. Queste considerazioni sono valide per ogni genere di progetto; nel caso del progetto strutturale inoltre la verifica è spesso di tipo quantitativo e richiede l’impiego d’algoritmi numerici. Esistono molteplici procedure per la verifica delle strutture civili ed industriali. Per verificare una struttura già progettata, per esempio, si pone il problema di definire a quali requisiti la struttura deve soddisfare, in modo da poter poi concludere se essa li soddisfa o no. Un primo problema che s’incontra nella definizione delle prestazioni richieste alla struttura è di definire cosa essa sia, cioè quali parti di un edificio debbano considerarsi strutturali e quali no. Negli edifici in muratura, ad esempio, i muri svolgono sia compiti strutturali sia compiti funzionali; nei moderni edifici a telaio (in cemento armato od in acciaio) vi è una più chiara separazione dei compiti e la struttura viene individuata nella gabbia di travi e pilastri, mentre tutti gli altri elementi sono considerati sovrastrutturali. Però in certi casi (per effetto delle azioni sismiche, ad esempio) le tamponature,
normalmente considerate elementi non strutturali, interagiscono con la struttura modificandone il comportamento in modo sostanziale. Inoltre per gli edifici con setti portanti si possono fare le stesse considerazioni svolte per le strutture in muratura. Poiché le nostre analisi vengono svolte con riferimento a modelli che rappresentano in modo più o meno semplificato la realtà, è evidentemente preliminare stabilire cosa si deve considerare struttura, e quindi inserire nel modello, e cosa invece deve restarne fuori. Individuata la struttura si devono stabilire le prestazioni che da essa si pretendono. Per una struttura la prestazione fondamentale sta nel sopportare, senza danni per se e per le cose sostenute, le azioni determinate dall’ambiente esterno. Pertanto per procedere oltre occorre classificare e quantificare le azioni che prevedibilmente agiranno sulla struttura nell’arco della sua vita utile. Questo tra l’altro pone un problema preliminare: qual è la durata della vita utile delle costruzioni civili ? Le opere del passato hanno superato, spesso indenni e senza speciali manutenzioni, molti secoli, ma le tecnologie costruttive attuali (cemento armato, acciaio) non sembrano garantire, a meno d’importanti e frequenti manutenzioni, un’analoga durabilità; in alcuni paesi, meno abituati di noi a conservare il passato, si fissa convenzionalmente il periodo di rinnovo degli edifici in cinquanta anni.

 


1.2  Classificazione delle azioni
Le azioni che si prevede potranno agire su di una costruzione possono essere classificate da diversi punti di vista. Prima di tutto secondo la loro natura, potremo distinguere tra:

  1. Azioni che si manifestano come forze agenti sulla struttura: la più importante è il peso, effetto della forza di gravità della Terra; la maggior parte delle strutture civili sono progettate per sopportare il loro peso e quello degli oggetti sostenuti. Un’altra azione che si manifesta mediante forze è la pressione esercitata dal vento.
  2. Azioni che si esplicano imprimendo un moto alla struttura; esempi sono i cedimenti delle fondazioni1 e, particolarmente importanti, le azioni sismiche.
  3. Azioni di tipo termico, comprendono le variazioni di temperatura dovute ai cicli diurni e stagionali e l’azione d’eventi accidentali, quali il fuoco. Nel primo caso gli effetti sono di tipo indiretto, legati alla variazione di volume dei materiali indotta dalla variazione di temperatura, nel secondo si hanno importanti fenomeni di degrado delle resistenze dei materiali che riducono gravemente la prestazione della struttura.
  4. Azioni di tipo chimico, quali la corrosione dei metalli, la carbonatazione delle pietre e delle malte, anch’esse possono ridurre notevolmente la resistenza delle strutture o di loro parti.

 
Un altro criterio di classificazione riguarda il modo con cui la struttura reagisce all’azione, con riferimento alle azioni di tipo meccanico ed in particolare a quelle che si esplicano come forze o spostamenti impressi, si è soliti distinguere tra:

  1. Azioni statiche, cioè che variano nel tempo così lentamente da indurre nella struttura accelerazioni trascurabili; l’applicazione dei pesi normalmente può essere considerata un’azione di questo genere.
  2. Azioni dinamiche, per le quali gli effetti delle accelerazioni non sono trascurabili; appartengono a questa categoria l’azione sismica, la forza del vento (per la componente turbolenta), gli effetti di macchinari contenenti parti mobili di un impianto industriale, gli effetti del moto dei veicoli su di un ponte, ecc. Inoltre le azioni posso non essere classificate in base alla loro evoluzione nel tempo e distribuzione nello spazio; si può quindi distinguere tra: 
  • Azioni permanenti, costituite da quelle azioni che sono presenti e costanti durante tutta la vita (od una parte rilevante di essa) della struttura. Il peso proprio ed I sovraccarichi fissi: pavimentazioni, muri divisori, impianti fissi, sono esempi delle azioni di questo tipo. 
  • Azioni variabili, sono azioni che variano nel tempo e che quindi possono anche essere assenti, ma il tempo in cui sono presenti costituisce una parte significativa del totale. Queste azioni sono spesso modellate come processi di rinnovo: l’azione rimane costante per un certo tempo, poi cambia improvvisamente valore; tali processi sono caratterizzati dalla frequenza media di rinnovo (numero dei rinnovi nell’unità di tempo), per cui si distinguono in genere due categorie d’azioni: a) Azioni quasi permanenti, la cui frequenza di rinnovo è piccola e pertanto si prevedono pochi rinnovi nell’arco della vita utile dell’opera (i carichi degli arredi in un edificio d’abitazione o per uffici), b) Azioni che variano con frequenza, come i sovraccarichi dovuti al peso delle persone in un edificio o al peso delle auto su di un ponte
  • ​Azioni accidentali. Sono azioni raramente presenti (spesso assenti in tutta la vita dell’opera) ma il cui verificarsi può avere conseguenze gravi per la sicurezza della struttura. Esempi tipici sono l’azione sismica, gli scoppi, gli urti di veicoli pesanti,la caduta d’aerei, gli incendi.

 


1.2.1  Modellazione delle azioni
La verifica di una struttura richiede che si possa prevedere a quali sollecitazioni sarà sottoposta nel periodo di funzionamento; questo, salvo rari casi, non può essere noto deterministicamente, poiché ogni previsione su eventi futuri è affetta da un margine, più o meno grande, d’incertezza. Le azioni debbono, almeno in linea di principio, essere modellate come grandezze aleatorie. Le grandezze che non variano nel tempo, come il peso proprio della struttura, possono pertanto essere descritte come variabili aleatorie, caratterizzate dalla loro distribuzione di probabilità o almeno dal valore medio e dalla deviazione standard. La descrizione delle grandezze che variano nel tempo è molto più complessa, perché richiede l’impiego di processi stocastici. Le azioni accidentali spesso vengono descritte come processi di Poisson composti, caratterizzati anch’essi dalla frequenza degli eventi e da una legge d’intensità. Spesso però la descrizione del fenomeno richiede ulteriori informazioni; per esempio nel caso di un evento sismico, oltre all’accadimento ed all’intensità occorre descrivere dettagliatamente l’azione sismica, ad esempio attraverso una storia temporale delle accelerazioni del moto del terreno, la cui previsione è, ovviamente, altrettanto incerta.

 


1.3  Prestazioni
Si possono individuare diverse esigenze prestazionali di una struttura; le soglie che, spesso convenzionalmente, separano gli stati in cui le prestazioni sono garantite da quelli in cui non lo sono, vengono chiamati stati limite; questi stati limite, ordinati gerarchicamente, vengono usualmente raggruppati in due categorie: gli stati limite d’esercizio e gli stati limite ultimi. Il superamento di uno stato limite d’esercizio porta ad una riduzione della funzionalità dell’opera ma di solito non ne compromette, almeno direttamente, la resistenza; viceversa se si supera la soglia di uno stato limite ultimo non è più possibile garantire la capacità della struttura (o di una sua parte) di svolgere la sua funzione principale, che è quella di sostenere i carichi.
A causa dell’aleatorietà delle azioni (e delle resistenze), gli stati limite possono essere soddisfatti solo in senso probabilistico, controllando che la probabilità di superamento dello stato limite sia inferiore ad una soglia fissata; il livello di questa soglia è il grado di protezione che la collettività, attraverso le norme, vuole ottenere nei confronti di un evento indesiderato. È ovvio che nei confronti d’eventi le cui conseguenze sono meno gravi si adotteranno livelli di sicurezza inferiori, cioè si accetteranno probabilità maggiori che lo stato limite sia superato. Quindi la verifica degli stati limite d’esercizio non garantisce nei confronti di quelli ultimi, perché per i primi si accetta un rischio maggiore che per I secondi e non è prevedibile a priori quale dei due risulterà maggiormente vincolante per il progetto.

 


1.4  I materiali e la struttura
Il comportamento di una struttura, ed in particolare la sua resistenza, è prima di tutto condizionato dalle caratteristiche dei materiali con cui essa è realizzata. La natura dei materiali impiegati condiziona in modo determinante le tipologie strutturali e spesso anche quelle architettoniche; nell’ambito di una tipologia le caratteristiche dei materiali influiscono sensibilmente la resistenza della struttura, quindi le incertezze sulle proprietà dei materiali si riflettono ovviamente su quelle dell’intera struttura. Le incertezze sulle proprietà meccaniche dei materiali dipendono da molti fattori; se si eseguono delle misure di resistenza di campioni di uno stesso materiale, ad esempio la resistenza delle barre d’acciaio provenienti da uno stesso lotto, si ottengono risultati diversi per ogni campione; la dispersione dei risultati può essere piccola, come accade per l’acciaio, o molto più grande, come nel caso dei materiali lapidei naturali od artificiali (p.es. calcestruzzo), ma è tuttavia sempre presente.
La dispersione dei dati relativi all’acciaio può essere misurata direttamente e ridotta aumentando i controlli; per il calcestruzzo questo è impossibile poiché al momento del progetto il materiale ancora non esiste e le sue proprietà non possono essere misurate; pertanto la resistenza del calcestruzzo, oltre che dispersa, è incerta, cioè il suo valore non può essere a priori misurato, ma deve essere previsto sulla base di conoscenze indirette e soggettive, per esempio sull’affidabilità del processo di produzione; i controlli saranno possibili solo a posteriori su campioni prelevati dai getti, peraltro non del tutto identici al materiale impiegato nella struttura, a causa delle differenze nelle condizioni di maturazione. Le aleatorietà relative al comportamento della struttura non dipendono però solo dalle dispersioni e dalle incertezze circa il comportamento dei materiali, anzi in certi casi queste non sono la maggior fonte d’indeterminazione; un’ulteriore causa di incertezza è costituita dall’imprecisione del modello utilizzato per descrivere il comportamento della struttura. Questi modelli possono essere grossolani o raffinati, ma in ogni caso sono in grado di cogliere solo in modo approssimato l’effettivo comportamento della struttura reale,pertanto i risultati delle analisi sono sempre affetti da errori la cui entità può solo essere quantificata in modo probabilistico. La definizione dello stato limite, sia di esercizio sia di collasso, è poi sempre convenzionale in quanto o non esiste una soglia rigida che separa il buon funzionamento da quello cattivo o non è realmente possibile individuare attraverso l’analisi un fenomeno complesso ed incerto come il collasso (di cosa: dell’intera struttura?di una parte? di un elemento?). Infine si deve ricordare un’altra causa che può produrre uno scarto anche molto grande tra le previsioni del modello ed il comportamento reale della struttura: l’errore grossolano. Errori di questo tipo si possono verificare in tutte le fasi del processo di progettazione (p.es. utilizzo di un modello completamente erroneo del comportamento strutturale, un errore di calcolo che modifica di un ordine di grandezza il valore di un parametro importante,errori nella rappresentazione dei disegni esecutivi) o nella fase di esecuzione dell’opera.
Questi errori sono particolarmente pericolosi poiché possono dar luogo a scarti molto grandi tra previsione e realtà; mentre per le cause di aleatorietà descritte prima si può ritenere che la probabilità dello scarto diminuisca rapidamente al crescere del valore, per l’errore grossolano c’è da attendersi che la distribuzione di questo scarto sia praticamente uniforme. Nei confronti d’errori di questo tipo non ci si può cautelare aumentando I margini tra situazione attesa e quella critica, perché è sempre possibile il verificarsi di uno scarto così grande da superare ogni ragionevole margine di sicurezza; il solo modo razionale di agire consiste nel ridurre la probabilità che gli errori grossolani si verifichino, aumentando i controlli sia in fase di progettazione sia in quella d’esecuzione.
 
Le norme vigenti che possono interessare la costruzione degli edifici in c.a. sono le seguenti:
 
STRUTTURE
� D.M. 14.09.2005: “Norme tecniche per le costruzioni”
� Eurocodice 2 – UNI ENV 1992-1-1: "Progettazione delle strutture di calcestruzzo” Norme antecedenti il D.M.  14.09.05:
� Legge 05.11.1971 n. 1086 e D.M. 01.04.1993: “Norme per la disciplina delle opere in conglomerato cementizio normale e precompresso e a struttura metallica”;
� Circolare 31 luglio 1979 n. 19581. “L. 1086/71. Collaudo statico”
� Circolare 9 gennaio 1980 n. 20049. “Legge 5 novembre 1971 n. 1086 Istruzioni relative ai controlli sul conglomerato cementizio adoperato per le strutture in cemento armato.”
� C.N.R. 10024/86 del 23/7/1986. “Analisi di strutture mediante elaboratore: impostazione e redazione delle relazioni di calcolo”
� D.M. LL.PP. del 09.01.1996: "Norme tecniche per il calcolo, l'esecuzione ed il collaudo delle strutture in c.a. normale e precompresso e per le strutture metalliche".
� Circ. 15.10.96 n. 252 Ministero LL.PP.: “Istruzioni per l’applicazione delle Norme tecniche per il calcolo, l'esecuzione ed il collaudo delle strutture in c.a. normale e precompresso e per le strutture metalliche” di cui al DM 09.01.1996.

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